Per
anni, passeggiando per l’autostrada Bologna-Taranto con destinazione famiglia,
la mia attenzione veniva attirata da una ripa color bianco candido in inverno e
grigio splendente d’estate. La scorgevo, deviando leggermente lo sguardo sulla
destra, nell’entroterra, timida ma forte. Attraente e carismatica, ho riposto in
lei il mio completo ed umile rispetto. Non pensavo potesse essere affar mio. Ma
nel 2017 qualcosa è cambiato.
Eccolo,
è lui, il Gran Sasso d’Italia! Una prominenza, la più alta degli Appennini tutti,
che proietta la sua ombra dall’Adriatico al Tirreno, passando per il retroterra. E
trovandosi a metà tra il Brennero e Melito di Porto Salvo, è il baricentro
dello stivale. L’ombelico d’Italia, mi piace chiamarlo.
Il Gran Sasso d’Italia è
nato da sedimenti marini che dal Triassico al Miocene hanno formato l’antica
piattaforma calcarea laziale-abruzzese, costituita da una potente serie di
dolomie e calcari doloMitici. Quasi nulla da invidiare alle Dolomiti di Brenta in
quanto a paesaggi e qualità della roccia. Forse si, il clima è un punto a
favore delle Dolomie nordiche. Non si possono superare, e non di misura, i 20°C
a 3000m di quota, suvvia! E’ forse l’effetto del nostro efferato modo di vivere
ormai totalmente votato al consumismo?
La partenza, anche quest’oggi,
precede la comparsa di Ra sul palcoscenico del giorno. Ra nella mia zona, in
qualità di nana gialla, sfarzo di idrogeno ed elio, stella madre del Sistema Solare,
comincia a scalare lo Zenit partendo da quella sottile linea di demarcazione tra
mare e cielo, acqua ed aria.
Un poco per l’orario, un
poco perché le valli abbruzzesi sono invero posti quieti ed isolati, arriviamo
all’attacco della salita per Prati di Tivo che non abbiamo ancora incontrato
anima viva. Allo svincolo, una casa cantoniera con il caratteristico fascino retrò
del “mai ristrutturato” dall’epoca del Mussolini ci indica che stiamo andando
in direzione del Gran Sasso d’Italia 2912m.
Effervescenza retrò, attacco della salita per Prati di Tivo |
Non appena mettiamo il
naso fuori dal bosco, ecco che vediamo il massiccio bianco che si erge di
fronte a noi. Penso tra me e me medesimo: “Me lo aspettavo ben più alto et irto
en pè”. Appena parcheggiata la bara metallica che ci ha condotti indenni a
Prati di Tivo, consulto la cartina e accolgo con sommo gaudio che trattasi del
Corno Piccolo. La destinazione è invece il Corno Grande con un’elevazione che
conta 2864,644564761 decimetri in più rispetto al fratello minore.
Illusione: Corno Piccolo visto da l'inizio della hamminata |
Nonostante un gioiello di seggiovia nuova, i magna magna locali han portato alla momentanea chiusura degli impianti. Io ed Alba siamo dei veri
esploratori. E come tali, non trovando la traccia del sentiero, la improvvisiamo.
Questo ci porta nel bel mezzo della pista nera che da Prati di Tivo (1450mslm), grazie ad
una rampa verticale di fasci erbosi e fiori dai graziosi pigmenti, porta alla
Madonnina (2007mslm). Si consiglia vivamente di consultare il sito e controllare se gli impianti sono aperti, se anche voi non volete versare lacrime amare lungo il percorso.
Il maestro, con ginocchio titubante e solo mezzo polmone dedicato
all’attività respiratoria, accusa la salita iniziale. Con fascia al ginocchio ed il suo
Opinel stretto tra i denti per annegare il dolore in un mare di sudore, molla
solo qualche metro ma mai la volontà di arrivare in cima. Un vero e proprio muro del pianto, quel tratto di salita.
La seconda parte del Muro del Pianto |
Fiore "Fior di banana" |
Alba procede lemme lemme, Opinel tra i denti |
Alla Madonnina già ci si
schiude innanzi un panorama mozzafiato, sebbene con residui di foschia
mattutina. Ci si rifocilla velocemente e si parte in direzione Rifugio
Franchetti. Questo tratto è puro godimento. Prima un sentiero un poco esposto
che tiene fedelmente il costone sinistro del massiccio e poi il passaggio in
una vallata, tra Corno Piccolo sulla destra e Corno Grande sulla sinistra, di
detriti ciclopici. Penso che con la bicicletta, qui, sarebbe geniale. Penso che
con la bicicletta, qui, mi farei del male. Senza nemmeno accorgemene, sono al
Rifugio Franchetti (2433mslm) dove Zen, il pastore abruzzese che veglia sul rifugio, mi da’
il benvenuto con qualche amichevole annusata e sbausciata.
Vetta orientale a occidente e vetta Occidentale ad oriente. Sella dei Due Corni nel mezzo |
Piccioli massi facenti parte di sfasciumi di sfasciumi |
Sono le ore 08:40 e mi
accingo a pranzare con dell’ottima pizza marchigiana, pane e crescenza, mentre
la mistura di uva passa, mandorle ed arachidi è già tutta nel mio stomaco da mo’.
E dopo due chiacchere col giovane rifugista romano, scappato dalla frenesia
della città, e dopo esserci imbragati, inizia l’avventura per la rocciosa parete
del Corno Grande
Eccolo, il Rifugio Franchetti con sfondo Corno Piccolo. Il romano da qui non si vede, e Zen nemmeno. |
La prima parte della Via
Ricci non risulta mai difficile, ma leggermente ripida. Quasi in apnea e come se fossimo agitati da
una fretta razionalmente inspiegabile e competitiva, raggiungiamo un forcellino
dal quale si comincia ad intravedere il Paretone, Lu Paretò. Un baratro di circa 1300
metri che si getta a strapiombo sulla spianata di Campo Imperatore. Un passo
incerto, un accenno di vertigini ed in pochi secondi si raggiungono i 9,81 m/s.
Da alpinismo si trasforma in base jumping senza paracadute. Alcuni balconcini
danno la possibilità di dare uno sguardo nel vuoto cosmico. I raggi visivi si
trasformano in proiezioni di poliedri amorosi, il cuore palpita e la vista si
annerisce.
Manca ormai poco alla
vetta. Una cresta esposta da ambo i lati ed un'ultima parete a gradoni
completano la scalata alla vetta del Gran Sasso d’Italia (2912mslm). Dall’ombelico d’Italia
si vedono a sud Campo Imperatore, ad Est le altre cime dei Monti della Laga, l’Adriatico
illuminato d’oro dai raggi di Ra, a Nord il Corno Piccolo, a Nord-Ovest il Lago
di Campotosto, ad Ovest e Nord-Ovest il resto dei Sibillini. Nei giorni di
cielo limpido, sgombro da fuliggine inquinata e foschia, “...si può vedere anche
il Tirreno. Questo è un posto maggico, la nostra montagna!” ci racconta un
gruppo di alpinisti abbruzzesi. Dopo aver messo ad essiccare le
magliette sul masso sommitale dimodoché drenasse i litri di acqua e sali
minerali persi durante la salita, ci appropinquiamo con non pochi pensieri
verso la discesa per la Via Normale.
Il forcellino che dà sul Paretone a.k.a. Lu Paretò |
Uno scorcio de Lu Paretò |
Lu Paretò, giù a picco |
Nord -> Corno Piccolo; Nord-Ovest -> lago di Campotosto; Est -> Sibillini |
Liquidi, sali minerali che se ne vanno. Risolviamo i problemi idrici del centro-sud col sudore: sudate! |
La Via Normale, un pexxo complexxo |
Andrea ormai si sente
sicuro,perché il peggio è passato e Gaia è ora quiescente. Eppur si sa, è proprio in
questi casi che bisognerebbe prestare ancor più attenzione. Un masso su cui
poggio il mio impercettibile peso non regge al colpo ed inizia a rotolare a valle,
passando pericolosamente per la traccia che porta alla Sella dei due Corni.
Fortunatamente non c’è nessuno sulla traiettoria e la pietra termina la sua
corsa adagiandosi su altri detriti.
Sulla via del ritorno si passa dalla Vedretta del Calderone, quello che è considerato il ghiacciaio più a sud d'Europa. Una distesa di qualche decina di metri di ghiaccio e neve, con una pozza giasàda dove calmare la calura asfissiante. Solo per le anime più intrepide e calienti!
Purtoppo, a causa delle nostre fraudolente azioni indirizzate ad un mero soddisfacimento delle volontà personali, abbiamo dato luogo a comportamenti non sostenibili che stanno causando gravi problemi ambientali tra cui lo scoglimento dei ghiacciai. La parte paternalistica è conclusa. Io almeno ci metto la faccia.
Pozza con Vedretta del Calderone |
Pensa prima di agire. RispettiAMO la terra. Io ci metto la faccia! |
Da qui si torna al Franchetti, e dal Franchetti - dopo aver salutato Zen ed il romano dde Roma scappato da Roma stessa - si torna alla base per la stessa via. E dopo aver sfidato l'ambiente come una goccia che sfida l'oceano, un granello di terra il continente, ecco la meritata e usuale sosta al bar, dove liquidi ghiacciati ci aspettano. Dove la congestione è dietro l'angolo.
Andrea che sfida, con le ultime forze rimaste |
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