giovedì 12 ottobre 2017

Sarai grande prima che quest'albero diventi alto



Sarai grande prima che quest’albero diventi alto, mi disse.

Scansammo le prime castagne della stagione e ci sedemmo sull’erba, ancora bagnata dalla leggera pioggia autunnale della notte precedente, sotto il grande castagno. Guardammo a lungo gli spilli verdi che dalla terra, fieri, cercavano di respirare in superficie tra il macero di foglie color ocra-rossiccio. Il ricciolo biondo, quel giorno solitario, preannunciò a tutti una giornata tranquilla.

A valle nulla si muoveva, ma percepì ugualmente da lontano il frenetico crepitio della città. Allora immaginai come doveva esser stato quel posto. Mare, fu mare. E poi divenne palude. Poi l’acqua si ritirò e la palude si asciugò. Alcune rocce si scontrarono, mentre altre litigarono e si ritirarono ognuna per la sua direzione. Grandi egoiste le montagne, pensai. Ché vivono divise e nessuna che si curi della prossima. Le montagne sono femmine, chiesi. Se sono egoiste allora sono maschi, egoisti, mi corresse.

Sarai grande prima che quest’albero diventi alto, mi disse.

Puoi immaginare quanti alberi ci sono nel mondo? E quanti ce ne sono stati prima di quelli che ora vedi? Continuò. Mi misi a contare, ma a sei anni non fui capace di superare il 39. Nel mondo ci sono 39 alberi, dissi. E prima di questi, ce ne furono altri 39, continuai con fermezza. Lo pianteremo oggi, perché il periodo di luna crescente l’aiuterà a germogliare forte e robusto, spiegò. E più in fretta, aggiunse. Più in fretta, domandai sorpreso. Perché mai dovrebbe avere fretta di crescere, bisbigliai al vento.

Dovrai comportarti con tutte le persone come farai con quest’albero, suggerì con voce fioca, quasi come se cercasse di dire altro ma senza riuscirvi. Quasi cercasse espiazione per il presente ed il futuro più che per il passato. E come dovrei comportarmi con un albero, se non so come ci si comporta con le persone, domandai con le sopracciglia corrugate. Ci si prende cura degli alberi dando loro da bere quando hanno sete e carezzandole quando sono tristi. Ci si prende cura degli alberi abbracciandoli durante i freddi inverni per arrestare i loro tremolii. Darai loro ciò che necessitano, il tuo amore, senza pretendere ritorno alcuno, terminò il lungo ammaestramento. Da migliaia di anni loro ci permettono di respirare, di sopravvivere, quasi si dimenticò di spiegarmi. Ed ascolta la luna, osservala e non dimenticartene mai, esplose singhiozzando. 

La luna è tanto lontana, come può influenzare la crescita di un albero, mi stupii. Il dubbio, lecito, scivolò fuori dalle mie labbra senza che potessi frenarlo. La luna influenza gran parte della nostra quotidianità. Siamo soggetti a quella misteriosa legge per la quale certi processi quotidiani quali la gravidanza, la crescita delle piante, la maturazione dei frutti e il decorso delle malattie dipendono dai periodi lunari. Ed il moto delle maree, forse il più tangibile degli effetti dell’attrazione gravitazionale della luna sulla Terra, completò. La risposta, per quanto apparentemente esauriente, mi lasciò con un rinnovato appetito. Volevo sapere il meccanismo d’ognuna delle forze oscure attraverso le quali la luna, si supponeva, esercitasse il suo potere decisionale sulla vita della natura. A sei anni, realizzai poco dopo essermi interrogato sul senso di tutto ciò, non era ancora giunto il momento per me di barricarmi dietro concetti astrofisici ed antropologici. Ne fui perfettamente conscio. Lasciai dunque che la luna iniziasse ad esercitare la sua famosa magìa anche su di me e sul mio albero. Decisi di continuare a crescere, ma con calma. La luna è una femmina, ne sono certo, sussurrai al fugace vento di fine ottobre.

Sarai grande prima che quest’albero diventi alto, mi disse.

Fu così che quel tardo pomeriggio di fine ottobre, al sorgere dell’ultima luna crescente, piantai le radici di quello che sarebbe diventato il mio migliore amico. Fu così che nel momento di massimo potenziamento e rigenerazione, trapiantai le mie speranze di bambino nella dolce luna. Fu così che ci guardammo, in un silenzio campestre, vento gentil vettore di caduche foglie, con occhi diversi. Giunse il tempo che la luna si facesse piena. E si sa, la luna piena aumenta il flusso sanguigno. Ed allora soffia, soffia sulla ferita affinché si asciughi.

Sarà il dorso o sarà la faccia, mi domandai, che la luna non vuole girare mai verso la Terra.

Sarai grande prima che quest’albero diventi grande.

venerdì 6 ottobre 2017

La tauromachia del Pistacchio



Con una manciata di pistacchi in mano, io mi estraneo dalla realtà e vengo catapultato in un mondo statico.

Li apro con smania, quasi manifestando sintomi da astinenza. Come una catena di montaggio, con un processo minuzioso e che si ripete identico nella forma ed immobile nello spazio, i pistacchi, uno ad uno, vengono estratti dal guscio rigido, aperti dai due pollici prensili, passano poi alla mano sinistra che li preleva, li avvicina alla bocca e quando sono a circa 15 millimetri da essa, vengono gettati nella fornace.
Di rado li mastico nella parte destra della grotta umida, quasi sempre a sinistra. Soffro di una patologia ansiogena da possibile decadimento di pelle tostata al suolo. 
 
AE fu. Siccome immobile, dato il mortal sospiro, stette il guscio immemore orbo di tanta tostatura, così fragrante, attonita la terra al nunzio sta, muta pensando all’ultimo minuto del pistacchio fatale […]