Quando due onde viaggiano sulla stessa frequenza, prima o
dopo si incontrano. Prima o poi, quelle due onde, pensano alla stessa cosa.
Conscio del fallimento – non chiamiamolo fallimento,
chiamiamolo piuttosto esperienza utile e di formazione – del tentativo di
salita all’Adamello del 12 Agosto quando fummo sorpresi da un temporale che ha
portato neve fino ai 2500 metri, ghiacciando le pareti della Terzulli, lasciando
un cielo terso da nuvole plumbee e mettendo alla prova tecnica e coraggio del
sottoscritto e di suo fratello Alba, senza pressione alcuna, naturalmente,
decisi di riprovarla con il mio compagno di cordata od anche solo. Data l’incombente
partenza per Madrid ed un fronte temporalesco in avvicinamento dall’Atlantico,
sapevo che sarebbe stata forse l’ultima occasione nel 2017. Mai dire mai,
certo, ma la sensazione era proprio quella appena descritta. Una mail ad Alba
con proposta di scalata all’Adamello per il 26 e/o 27 Agosto, senza però
prenderla per parola certa. Questa filosofia di vita inizia a gustarmi, eccome.
Pianifichiamo sì, ma rimaniamo consapevoli che una delle infinite possibili
variabili potrebbe far cambiare i piani.
L’idea è quella di arrivare col primo treno a Malonno, il
sabato mattina, e poi da lì decidere se dormire al bivacco d’emergenza Ugolino
Ugolini oppure se tentarla in giornata, col rischio però – parola del centro di
previsione meteo svizzero – di un temporale di passaggio dopo le 18:00.
Al mio arrivo alla stazione di Malonno vengo accolto
calorosamente da una trepidante folla composta da: Alba che dormiva sui sedili
posteriori della sua auto. Un cenno, un caffè sulla strada ed inizia la nostra
piccola avventura.
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La folla che acclama l'impresa: Alba dormiente |
Alle ore 10:00 siamo a Pont del Guat e poco dopo ci
dirigiamo in direzione Scale del Miller, altresì muro del pianto, altresì Via
Crucis maxima. Ivi è dove ci si sente dei piccoli Sisifo che spingono il masso
per la dura salita come punizione divina, e poi giù e poi daccapo un’altra
volta. Sebbene la mia intenzione non sia quella di suscitare compassione o di
voler spacciare la mia salita per dimostrazione straordinaria di tenacia e
sacrificio, si dica in questa sede che la stanchezza fisica accumulata nei 10 giorni
precedenti ha fatto sì che quel sabato non sarei forse stato in grado di
portare a termine una Maddalena con ritmi da padre di famiglia appesantito da
un bis di profiterole, passeggino compreso. Il cuore e la testa, quando vanno d’accordo,
fanno miracoli.
Sulle scale del Miller si va a risparmio, anche se dopo anni
di smontagnate con Alba ho capito che il nostro trattenersi ed andare adagio,
in realtà, corrisponde ad una camminata normale. Verso la fine delle scale,
scorgiamo un terzetto dalla difficile interpretazione, atti a mangiare lamponi
autoctoni della Val Miller. Anche loro sono diretti all’Ugolini. Ci si mette d’accordo,
scherzando, che il primo gruppo che arriva tiene il posto all’altro. Al Gnutti
tiriamo dritti e non passiamo a salutare Caterina. Che non me ne voglia!
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Finalmente si vede la Val Miller, per la prima volta senza nubi e/o nebbia e/o temporali |
E’ una gran bella giornata. Il sole irradia la sua forza
nell’atmosfera e la calura ci obbliga a rifornimenti d’acqua extra da ogni
qualsivoglia rigagnolo s’incontri durante il cammino. Alcuni sky-runner ci
avvisano circa due gruppi: uno di 4 persone ed un gruppo eterogeneo formato da
3 ragazzi dalla provenienza ignota.
Entrambi ci precedono ed hanno intenzione di dormire all’Ugolini. A
circa metà strada tra il Gnutti e l’inizio della Terzulli, una pausa di una
mezz’oretta per recuperare le forze e mangiare prima di affrontare l’infido ed
infimo ghiaione morenico che precede uno dei due pezzi più divertenti della
giornata. Dopo circa 15 minuti sopravvengono anche Isabella ed Angelo, due
componenti del terzetto mangia-lamponi incontrato poco tempo prima. Lì la
situazione diviene chiara: Angelo è il padre della graziosa Isabella mentre il
terzo, fermatosi a pranzo al Gnutti e di nome Paolo, è un amico di Isabella ed
esperto del Servizio Glaciologico Lombardo (
http://www.servizioglaciologicolombardo.it/campagne_glaciologiche/campagna_2016/adamello.asp)
Il bivacco conta 9 posti letto in 3,5mq e se la matematica
non è un’opinione le persone intenzionate a dormire a 3280mslm a questo punto
della giornata sono: straniero1, straniero2, straniero3, ignoto1, ignoto2,
ignoto3, ignoto4 e poi veniamo io, Alba ed infine Isabella, Angelo e Paolo. Io
ed Alba si riparte con destinazione Ugolini, con una fretta appena accennata. A
circa metà del ghiaione scivoloso, incontro il quartetto d’ignoti intenzionato
a dormire all’Ugolini ma con passo estremamente lento. Lo definirei quasi rassegnato.
Non appena li raggiungo, mi chiedono quanto manchi alla Terzulli e poi all’Ugolini.
Ivi sfodero le mie doti da PR di bassa lega e da manipolatore di cervelli e li
induco a pensare che la strada sia troppo lunga e faticosa. Sulla curva dopo,
per punizione divina come ci tramanda il mito di Sisifo, perdo il passo,
scivolo e ne risulta un’artistica escoriazione sulla tibia sinistra. Il male pone
in secondo piano la stanchezza che le mie gambe stanno patendo da qualche ora
ormai.
Ecco la Terzulli, questa volta non ghiacciata ma con ancora
qualche rimasuglio di neve che però non ci impensierisce. Con qualche pausa in
più del previsto, la arrampichiamo con agili mosse da veri Alex Honnold. Anche
le sensazioni e la tranquillità sono quelle del buon free-climber americano. Il
sorriso è quello solare del ceco Adam Ondra. La bellezza dei soggetti (io ed
Alba) non sicuramente paragonabile a quella di Sasha Digiulian. I capelli sono
aerodinamicamente rasati, ed io presento baffi e basette da compagno degli anni
’70. Insomma, agghindati come siamo, anche noi siamo comunque di bell’aspetto.
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Alba procede sulla Terzulli con fare da Honnold |
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Ed anche io procedo sulla Terzulli, con fare balordo ma alla Ondra |
I due ometti Alba&Andrea TM (diritti riservati) arrivano al Passo Adamello
ed indossano i ramponi. I due ometti sono contenti come se stessero andando al
parco giochi.
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Ometto Alba al Passo Adamello |
“Quest’anno il livello del ghiacciaio è circa 20-30 metri in
meno del solito. Sai? Si sta abbassando ormai più di 5cm del normale al giorno,
sai?”. “E questo succede perché la nostra società vuole tutto e subito. E per
averlo, non ci si interessa più del mondo naturale in cui noi stessi viviamo.
Inquiniamo, consumiamo per arrivare ad un benessere medio-alto ed illusorio. Per
garantire al ciccione americano di avere il suo hamburger a qualsiasi ora del
giorno e della notte”. “Qui non si tratta di progetti di grande levatura, ma
piuttosto che ognuno di noi nel suo piccolo quotidiano cerchi di vivere
lasciando meno tracce possibili sul Pianeta Terra. O continueremo a far
soffrire alberi, ghiacci, animali ed a distruggere l’ecosistema dove anche noi,
come altri miliardi di esseri viventi e meraviglie naturali, viviamo. Non sono
un sognatore, non sono una persona che tralasci le piccole cose della
quotidianità. Nossignore, io sono realista e so che bisogna che ognuno di noi
inizi ad intervenire nel suo piccolo.” Questi, per quanto possano sembrare
prolissi e fuori luogo in montagna, sono alcuni dei temi di cui ed il maestro e
fratello Alba abbiamo parlato e di cui parliamo da tempo. Temete consumisti,
temete prolificatori di malcostumi, temete perché adesso il mondo lo cambiamo
partendo dal basso, da noi. E la forza del popolo è incontrastabile – se non
fosse che prima va risvegliato, il popolo –.
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Ei fu, siccome ghiacciaio, dato il mortal inquinamento [...] |
Finita la digressione ambientalista, ritorno a me ed ai miei
fratelli Adamello ed Alba. Il ghiacciaio s’è ritirato al punto che la salita al
bivacco presenta pendenze ed un dislivello prima non così marcati. La traccia
passa attraverso detriti mastodontici ed una manciata di crepacci. Decidiamo
così di aggirare quel campo minato allungando un poco il tragitto e creando una
nuova traccia. Chiamiamola “via dei Fratelli”, nome che sicuramente
riutilizzerò in futuro. Finito il macero di neve, scuro e sporco, c’è una
facile arrampicata tra roccette che ci porta al bivacco Ugolino Ugolini Ugolina
Ugolinu Ugoline.
Facciamo conoscenza con straniero1, 2 e 3: sono israeliani e
vengono in pace. Non sono rabbini, non sono usurai e non sono ebrei
anti-palestinesi. Sono semplici ragazzi. Non hanno un piano ben chiaro e
pensano di vagare per i bivacchi del pian di neve per un paio di giorni ancora
prima di ridiscendere in Valle Camuna. Io mi accingo a fare la prima cena con
pane, stracchino camuno e salsa di melanzane ed aglio (ore 16:00) mentre Alba
si scopre anche lui PR di bassa lega iniziando a parlare inglese coi 3 ragazzi e
spiegando dove possono andare a parare l’indomani e pavoneggiandosi con la sua
cartina Tabacco Adamello-Presanella 1:25.000.
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Ugolini ed ex ghiacciaio Pian di Neve |
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Panoramica da quasi all'Ugolini |
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Ugolini, latta di colore arancione. Alba, carne di color multiplo |
Mio fratello l’Adamello è lì di fronte a noi, sebbene le
nuvole d’alta quota ne impediscano la vista in più momenti. Che dire, l’emozione
si respira nell’aria. E mentre inalo sentimenti provenienti dalla montagna,
Isabella, Angelo e Paolo fanno la loro comparsa. Di ignoto1, ignoto2, ignoto3
ed ignoto4 invece non v’è traccia alcuna. Hanno ufficialmente abbandonato. C’è
fin da subito feeling con gli amici di Malegno e Iseo. Seguono chiacchere e
risate di buon gusto. Io non mollo il mio pane con stracchino camuno e salsa di
melanzane ed aglio. Proprio quest’ultimo ingrediente diviene ben presto oggetto
di dibattito: Andrea ci lascerà dormire o la sua fiatella si andrà ad
aggiungere alla già rarefatta aria sterminando una famiglia, un gruppo di
israeliani intellettuali, un pacifico glaciologo ed il suo amico Alba?
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La nostra Reggia Ugolini. La SPA è dietro, da qui non si scorge. |
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Tutti gli ospiti dell'Ugolini. La SPA rimane ancora nascosta, ma c'è! |
Alle 19:00 iniziano ad udirsi tuoni in lontananza. Il cielo
è completamente coperto da nubi che non sembrano di passaggio. In capo ad un’ora,
inizia prima a piovere, poi a grandinare con saette e tuoni flagranti. Infine
un temporale si mette a stamburare, a suo ritmo e piacimento, sulla latta che
ci protegge dall’esterno. Siamo tutti e otto dentro la latta e speriamo che un
fulmine non la colpisca od un intervento alla coclea potrebbe rivelarsi
necessario. Io avevo scelto, pensando fosse una scelta azzeccata ed
interessante, il letto di mezzo che dà sulle finestrelle. Infatti, mentre io,
Alba, Angelo, Isabella e Paolo giochiamo a scala quaranta – le cazzate e le
battute abbondano sulle bocche di tutti – non permettendo ai 3 bravi ragazzi di
riposare e leggere, ho aperto diverse volte la finestrella sul nero pesto. E qui una delle visioni più belle della mia
vita. Saette a ripetizione illuminano d’immenso il Pian di Neve per qualche
frazione di secondo. Sospiro. Dopo circa un’ora, la bufera cessa ed io mi
accingo ad un’orinata notturna, buia e d’alta quota fuori dalla latta. A
sinistra il Pian di Neve, dietro mio fratello l’Adamello ed alla mia destra il
vuoto della parete di Cima Laghetto. Buonanotte, è ora di andare a dormire.
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Arrivano le nubi, mio fratello si nasconde dietro il cappello. |
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La vista 5 stelle Michelin del Corno Miller dalla mia branda. Volevo dire: dal mio letto King size |
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Alba naviga senza trovare niente, cercando sempre l'infinito. |
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Stendipanni improvvisati d'alta quota |
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Fuori temporale, dentro bische clandestine e pasta italo-israeliana |
Dormire? Un sogno! La scelta di stare vicino alle
finestrelle si è rivelata essere non troppo azzeccata a causa degli spifferi –
usiamo questo eufemismo – che han reso la mia nottata una ulteriore punizione
divina. Mi addormento, finalmente, e mi risveglio convinto sia l’ora di
prendere lo zaino e partire. Purtroppo l’orologio segna le 23:40! Accidenti,
accidentaccio: ora che faccio? Quando finalmente sento la sveglia di Alba, l’incubo
è finito e riprende il sogno Adamello. La sera precedente avevamo deciso di concerto
con gli amici camuni e sebini di salire in vetta assieme, e così è stato. Alle
05:00 sono fuori dalla latta a scattare qualche fotografia notturna, colazione
e partenza con le frontaline.
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Apollo sta arrivando col carro carico carico di..Sole. |
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Ormai in cima: sulla sinistra Corno Miller ed al centro il biwacco |
Alba si mette in testa a tirare il gruppo ma ben presto si
accorge, da vero amico e fratello, che io scalpito e che il mio passo
acquisisce sicurezza metro dopo metro. Mi lascia passare e mi permette così di
affrontare la salita solitario e spirituale. Gli ultimi 50 metri di dislivello
li faccio col fiatone per il groppo in gola. L’emozione fa da padrona. Non mi
vergogno nel gioire per così poco. Sono in vetta, ed il groppo in gola si
tramuta in un boato interiore che non riesce a manifestarsi all’esterno se non
con un sorriso come mai ho avuto nella vita. Sono in vetta. Sono in vetta a mio
fratello, il mio amato Adamello. E dietro sopraggiunge Alba. Un sorriso, un
cenno d’intesa e le mani che si stringono. Ce l’abbiamo fatta. Non di certo la
nord dell’Eiger in invernale, ma a chi importa? Un capitolo della nostra vita
che si chiude e ne apre altri che ancora dobbiamo scrivere. Un altro obiettivo
raggiunto in questi due anni di grandi fatiche, sacrifici e soprattutto di enormi
soddisfazioni personali. Un passo che può aprire un altro mondo.
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Compagni in arrivo in vetta |
Il cuore mi ha portato qui sopra.
Il panorama è capace di togliere il fiato. Il sole ci dice “Buongiorno!”
e calorosamente inizia a scaldarci. Fotografie di rito. Ammiriamo le creazioni
uniche della natura. Seguiamo con lo sguardo l’ascesa del sole. Io da bravo
sedicente esperto geologo penso ai momenti in cui tutto questo si è formato.
Che forza deve esser stato. Esploriamo con lo sguardo tutte le cime del Pian di
Neve. Isabella ci aiuta con la sua approfondita conoscenza dell’ambiente in cui
ci troviamo. Salutiamo mio fratello ed iniziamo a scendere verso il bivacco per
raccogliere i nostri averi e tornare verso valle.
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Il buongiorno si vede dalla cima |
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Io ed i miei due fratelli |
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Quadro impressionista raffigurante parte del Pian di neve |
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Io ed Alba, ed il Pian di neve come sfondo più Carè alto |
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Multietnicità in vetta. |
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Qui anche con Alba |
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Lui deve sempre arrivare più in alto |
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Ma se non ci fosse chi documenta . . . |
Un crepitio, poi uno schianto ed il boato. Segue un fruscio
prima leggero ed a ritmo costante e poi con colpi convinti e più intervallati.
Due metri dietro di me, si è staccato un masso dalla parete rocciosa. Si spacca
in due macro-parti e tanti altri micro-detriti. Una delle macro-parti scivola
dolcemente a valle mentre l’altra viene scagliata violentemente verso il Pian
di Neve. Non faccio in tempo a realizzare cosa è successo che il masso è
150-200 metri più a valle incastrato dentro un crepaccio. Vedo lo sguardo perso
del ragazzo israeliano davanti a me. In viso è pallido e mi guarda con l’ansia
espressiva di chi vuole sapere qualcosa. Mi alzo, dolorante, e verifico di non
avere niente di rotto. Il masso mi ha sfiorato, strappandomi i pantaloni all’altezza
della coscia sinistra. Non sembro avere nulla di rotto, ma faccio fatica a
camminare. Il braccio sinistro duole enormemente. Mi accascio su una roccia e
aspetto che Alba e gli altri sbuchino da dietro una grossa guglia e che mi
vedano. Hanno visto la frana dall’alto, ma non hanno visto me sotto la frana.
Quando spiego l’accaduto ad Alba, anche lui perde qualche anno di vita. Pare
che non ci sia nulla di rotto e così ricomincio lentamente la discesa. “Now you
just have 8” mi dice l’israeliano. “8 what?” rispondo io. “8 lifes, friend. The
9th is gone!”. Io ero convinto che le vite fossero sette, e quindi sento di
averci comunque guadagnato!
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Paolo tra i detriti ed una cordata, in lontananza, che giunge dalle Lobbie o dal Garibaldi |
Inizialmente, a causa del male, pensavo di fermarmi e di
chiamare i soccorsi. Poi ho stretto i denti ed ho capito che ce l’avrei fatta
senza allarmare nessuno. Botte, grosse botte ma solo botte sul quadricipite
femorale e sulla parte interna del braccio. Per questo, non ho detto nulla ad
Alba ne’ agli altri compagni. La discesa è stata un calvario silenzioso. Si
dica che ho attinto le ultime forze, soprattutto quelle mentali, dalle
tagliatelle di farina di castagne ai funghi porcini che Paolo aveva promesso ci
stessero aspettando alla Malga Premassone.
Passiamo le scale del Miller con non poche imprecazioni. E
non appena giungiamo al primo tratto di torrente balneabile, al secolo Torrente Romulo, via i vestiti.
Rinvigorimento generale ed in capo a 20 minuti siamo seduti, fuori orario
pranzo (si ringraziano gli amici della Malga/Rifugio Premassone per la gentilezza), a
mangiare ottime tagliatelle di farina di castagne ai funghi porcini ed a bere
una freschissima birra per dare tregua all’arsura accumulata.
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Autoscatto di Isabella, coi reduci di guerra sulla Terzulli in discesa |
Arriviamo ai saluti con gli amici Angelo, Isabella e Paolo e
ci si augura di farne un’altra assieme prima o poi.
Ce l’abbiamo fatta. Il cuore ci ha portati lassù.