mercoledì 13 settembre 2017

Cercedilla-Segovia: sulle orme di Santiago



Il piccolo gioiello naturale nei dintorni di Madrid. Sono le montagne più anziane d’Europa: la Sierra de Guadarrama. E questa è la terza volta in tre anni che ho la fortuna di vederle da vicino, di poterne odorare i muschi e di poter toccare con mano il bel granito rosa, una delle pietre che compongono questa catena montuosa chiamata “Sistema Central” che si estende a nord-ovest di Madrid, riparando spesso quest’ultima dalle piogge atlantiche di minor importanza. I picchi più alti, come il Peñalara, raggiungono i 2400-2500. Paesaggi suggestivi che rappresentano l’emblematico confine tra il verde e piovoso nord della penisola iberica e le immense praterie aride e brulle del sud.

Ed anche qui c’è lo zampino de Romani, quelli antichi! La storia, raccontatami da Miguel – Don Miguel, in segno dell'enorme rispetto che nutro nei suoi confronti –  tre anni or sono, ci dice che i Pini Silvestri ora presenti e che rappresentano più del 90% della flora locale non siano autoctoni. Nella zona erano presenti altri alberi, un tipo particolare di Faggio, chiedo venia per la scarsa precisione. I Romani, sempre quelli antichi, utilizzarono tutto il legname e disboscarono così la zona che servì per passare a Ovest. Poi importarono dall’Italia pini silvestri e ne tappezzarono la zona. Il sottobosco vede la Felce regnare sovrana. Uno dei fiori più comuni è il Narciso, poi non è raro trovare il Crocus Vernus.

Bosco di Pini Silvestri, importati dai Romani antichi. E la felce!


Una miscellanea ben riuscita di rocce chiude il quadro. Principalmente di origine sedimentaria, la roccia che si può trovare nel Sistema Central varia dal Granito (vedi La Pedriza, vedi il Granito Rosa della Valle de la Fuenfrìa) al marmo in alcune zone. Il resto è di origine sedimentaria, come quasi tutto l’altipiano centrale spagnolo. Non si dica, però, che le fondamenta di Madrid sono costruite sulla sabbia!
Sebbene io rispetti appieno e faccia quasi di tutto per aiutare mia madre Natura nonché compagna di vita Gaia, dev’esserci qualche problema di comunicazione nell’ultimo periodo. Il mio errore, questa volta, è stato quello di controllare il meteo a Madrid e non a Cercedilla, effettiva partenza della mia gita. E’ come se volessi andare a trovare mio fratello l’Adamello e guardassi le previsioni metereologiche di Rovato. Ebbene, dagli 11°C di Madrid alle 05:40 del mattino avrei dovuto pensare che forse in montagna non sarebbe stata abbastanza una maglietta a maniche corte. Da Atocha, prendo il trenino che ha come fine corsa Cercedilla. Alle 08:00 sono a Cercedilla, senza colazione perché pensavo di trattarmi da vero signore e di farla al bar. Peccato che i bar aprano alle 09:00. I bar? Il bar, voglio dire! Ah sì, il GPS non ce l’ho. Il mio unico navigatore è la memoria della recensione letta giorni addietro. 

E così si parte senza colazione e con maglietta a maniche corte con gli 8°C di Cercedilla. Il sentiero, curiosamente, inizia alla fine del binario 4 della stazione di Cercedilla ed è chiamato “Camino de los Campamentos”. L’alternativa è risalire al lato della strada provinciale che termina al parcheggio ultimo in prossimità del Sanatorio de Fuenfrìa. Il vento, è il vento che mi preoccupa perché spira, autunnale, a circa 25km/h con raffiche a 40km/h (così ho letto su AEMET). Ne risulta una sensazione di sudore ghiacciato sulla schiena e sul collo. Per questo motivo e perché ho ancora di fronte 38km con l’alta possibilità che venga a piovere, mi metto a correre. (fotografia cielo nero)

Cielo monello in direzione Fuenfrìa


Il sentiero si ricongiunge, con non poche deviazioni che mettono alla prova il mio orientamento, all’antica Calzada Romana che poi seguo fino in cima al Puerto de la Fuenfrìa. La calzada romana è l’antica strada che costruirono i Romani per oltrepassare questa catena montuosa. Un’altra dimostrazione di intelligenza progettuale dei nostri antenati. La calzada romana passa sopra tre ponti tuttora transitabili a piedi, cavallo e bicicletta e ben tenuti. Una pietra miliare indica 605km a Santiago de Compostela. Sono sulle orme di Santiago: ora si che mi posso definire un pellegrino a tutti gli effetti!

Mi sento un vero e proprio pellegrino


La Calzada romana

Il terreno è piuttosto dissestato, vi sono delle antipatiche e medio-grandi pietre smosse sulle quali non si può fare affidamento alcuno. La vegetazione è inversamente proporzionale al meteo: mano a mano che si prende quota, il vento aumenta, la bufera si avvicina e la vegetazione diminuisce fino a quasi scomparire verso i 1750/1800 metri. Ora, il vento soffia inclemente nuvole e nebbia verso sud-est – sarebbe a dire verso di me – e le mani e gli avambracci iniziano a reclamare uno strato di vestiario. Soprattutto le mani, che perdono sensibilità.
 
Sole spento. Andrea tra le nubi

Puerto de la Fuenfrìa lì a tiro. O forse è solo un'impressione?


Vedo ormai lo scollinamento, il punto più alto della gita nonché la fine della parte più consistente del dislivello positivo, al Puerto (passo) de la Fuenfrìa quando gli angeli su nel cielo decidono di orinare. Prima poche gocce, poi una leggera pioggerella mi accompagnano fino al passo e per il primo pezzo della discesa verso Segovia. Ivi mi balena per la testa l’idea di fare dietrofront, perché il cielo è livido e sto per scendere dall’altra parte della Spagna e da lì, prima di giungere al primo punto di appoggio ci sono ancora 20km, ancora 30 per la stazione di Segovia. Decido di continuare per la strada come da progetto originario e di vedere que pasa. La Fuenfrìa, come intuibile dal nome, è una fonte di acqua piuttosto fredda ed inusuale a queste longitudini. Al passo giungono raffiche di vento gelido che mi convincono a scattare due fotografie ed un autoscatto di rito – che non posto per non perdere quei due lettori, di grazia, che ho –  e di tuffarmi, letteralmente, in discesa. Sono ora a 598km da Santiago de Compostela. 


Visibilità buona. Si vede fino in Portogallo.

Manca poco


Il primo tratto di discesa è completamente tra le nubi. Mi trovo nel bel mezzo della pensierosa perturbazione. Sono forzato a procedere a passo agile ma tuttavia con estrema cautela a causa del terreno smosso e scivoloso e della visibilità limitata. Mentre corro in discesa agito le braccia come mi ha insegnato il maestro Alba per riattivare la circolazione. E funziona. Dopo circa mezz’ora, cessata la pioggerella, rimane il vento che si mette di buon animo a spazzare il cielo dalle nuvole. Vedo il sole. Non esser timido su, dai, esci ed esplodi dolcemente il tuo tepore sulla mia pelle!
Seguo le frecce azzurre, in precedenza gialle, indicante la via per Segovia. Alcune praterie con una traccia e passaggi per strade secondarie di frazioni secondarie di paesi secondari mi conducono fino alla periferia di Segovia. Manca poco, ormai è fatta. Ora ho il solo pensiero di arrivare a Segovia per introdurmi di prepotenza nella prima cafeterìa e di trangugiare qualsivoglia alimento che non contenga carne e pesce. 

E la trovo, sul viale che conduce al centro del piccolo centro, anch’esso di origine romana.  Per trasparenza degli avvenimenti, si sappia che ero già a conoscenza di quella piccola cafeterìa in cui due anni or sono gustai la loro ottima offerta di bollitos. Quest’oggi mi concedo una barrita con tomate, fuori luogo essendo tipica di Madrid, ed un pincho de tortilla con un bel caffelatte bollente. Mi siedo ad un tavolo al sole ed osservo i passanti. Osservo il cielo, ora blu con qualche nube bianca, e penso a quanto è bella la vita. Penso a quanto siamo fortunati ad essere nati.
Da Segovia prendo il treno che mi riporta verso la mia casa madrilena, ed un pincho de tortilla con un bel caffelatte bollente. Mi siedo ad un tavolo al sole ed osservo i passanti. Osservo il cielo, ora blu con qualche nube bianca, e penso a quanto è bella la vita. Penso a quanto siamo fortunati ad essere nati. 

Faccio un giro della città, sebbene pulluli di turisti e la cosa non mi garbi particolarmente. Ammiro l’acquedotto romano, considerato un miracolo dell’ingegneria antica, la cattedrale e poi decido sia giunto il momento di fare ritorno. Da Segovia prendo il treno che mi riporta verso la mia provvisoria casa madrilena.

Foto di Re Pertorio dell'acueducto de Segovia. E delle rondini a rallegrare

Cattedrale, Milano piazza Duomo
Vicolo sgombro di turisti

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