Con una manciata di pistacchi in mano, io mi estraneo dalla
realtà e vengo catapultato in un mondo statico.
Li apro con smania, quasi manifestando sintomi da astinenza.
Come una catena di montaggio, con un processo minuzioso e che si ripete
identico nella forma ed immobile nello spazio, i pistacchi, uno ad uno, vengono
estratti dal guscio rigido, aperti dai due pollici prensili, passano poi alla
mano sinistra che li preleva, li avvicina alla bocca e quando sono a circa 15
millimetri da essa, vengono gettati nella fornace.
Di rado li mastico nella parte destra della grotta umida,
quasi sempre a sinistra. Soffro di una patologia ansiogena da possibile
decadimento di pelle tostata al suolo.
AE fu. Siccome immobile, dato il mortal sospiro, stette il
guscio immemore orbo di tanta tostatura, così fragrante, attonita la terra al
nunzio sta, muta pensando all’ultimo minuto del pistacchio fatale […]
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